Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per mandato  ex  lege  dall'Avvocatura
Generale dello  Stato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587), presso i cui uffici  ha  domicilio  in  Roma,  via  dei
Portoghesi       12        (fax        0696514000        -        PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro Regione Molise, in persona  del  Presidente  della  Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
degli articoli 2, comma 1 lettere g) e i) - 4, comma 1 lettera  g)  -
17 - 18, comma 2, della legge regionale 14 aprile 2015 n.  7,  avente
ad  oggetto  «Disposizioni  modificative  della  Legge  regionale  11
dicembre 2009 n.  30  (Intervento  regionale  straordinario  volto  a
rilanciare  il  settore  edilizio,  a  promuovere  le   tecniche   di
bioedilizia  e  l'utilizzo  di  foni   di   energia   alternative   e
rinnovabili, nonche' a sostenere l'edilizia sociale da destinare alle
categorie svantaggiate e l'edilizia scolastica)», pubblicata sul  BUR
n. 9 del 16 aprile 2015. 
    La Regione Molise ha approvato ed emanato la  legge  11/2015  con
cui, in modifica  della  propria  precedente  Legge  n.  30/2009,  ha
dettato nuove disposizioni in materia urbanistica ed edilizia. 
    Sennonche' non  tutte  le  norme  di  cui  alla  nuova  legge  si
presentano  legittime  sotto  il  profilo   costituzionale,   perche'
indebitamente invadenti sia la  competenza  legislativa  dello  Stato
nella materia dell'ordinamento civile,  sia  la  medesima  competenza
statale di natura concorrente che detta i principi fondamentali nelle
materie del governo del  territorio  e  della  tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali. 
    Per tale ragione, la Presidenza del Consiglio dei  ministri  deve
impugnare la Legge regionale in questione, deducendo i seguenti  vizi
di illegittimita' costituzionale. 
1) Illegittimita' dell'articolo 2, comma 1, lettera  g)  della  Legge
Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma  2,
lettera l) e comma 3 della Costituzione. 
    L'articolo 2, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 7/2015 ha
sostituito l'articolo 2, comma 5, della Legge  regionale  n.  30/2009
che, al fine di  migliorare  la  condizione  abitativa,  consente  in
deroga  ai  vigenti  strumenti  urbanistici  comunali  una  serie  di
interventi principalmente consistenti nell'ampliamento, eventualmente
con ulteriore premialita', degli edifici esistenti e in costruzione. 
    In forza della  nuova  norma,  l'ampliamento  in  questione  puo'
essere realizzato in sopraelevazione, contiguita' o all'interno di un
diverso lotto, anche se assoggetto dallo strumento urbanistico ad una
differente destinazione  di  zona,  purche'  adiacente  a  quello  da
ampliare. E  soprattutto,  gli  ampliamenti  in  sopraelevazione  non
costituiscono nuova costruzione ai fini del  calcolo  delle  distanze
tra edifici -  ivi  comprese  quelle  previste  dall'art.  9  del  DM
1444/1968 - e ai fini dell'osservanza delle fasce di rispetto. 
    Ora, come e' noto, la materia delle distanza tra edifici  rientra
nell'ordinamento civile (art. 873 del codice civile) e come  tale  la
sua disciplina e' demandata dall'art. 117, comma 2, lettera 1)  della
Costituzione  alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato.
Competenza che lo Stato ha esercitato  con  il  DM  1444/1968  e  con
l'art. 2 del d.P.R.  n.  380/2001  (Testo  Unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia  edilizia),  come  di  recente
modificato. 
    Ed e' noto che laddove  esiste  una  competenza  esclusiva  dello
Stato, alle  regioni  e'  inibito  dettare  disposizioni  legislative
proprie, anche se di mera natura riproduttiva. 
    E'  vero  che  la  giurisprudenza   costituzionale   ha   dettato
un'interpretazione moderata di tale riserva sulla considerazione  che
le distanze tra edifici interessano non solo il diritto di proprieta'
(e quindi l'ordinamento civile) di esclusiva competenza  statale,  ma
anche il governo del territorio  che  puo'  essere  regolato  in  via
concorrente anche dalla regioni; ed e' quindi vero che sulla base  di
tale concorso di interessi pubblici alle regioni e'  consentito  pure
derogare alla regola statale quando si debbano perseguire esigenze di
carattere urbanistico destinate ad assicurare un assetto  complessivo
ed unitario di determinate zone del territorio. 
    Tuttavia, nel caso di specie l'intervento legislativo regionale -
che  nella  parte  in  cui  non  considera  nuove   costruzioni   gli
ampliamenti in sopraelevazione e' pure derogatorio alle norme statali
- e' di tale generalita' e genericita' da non rientrare nel limite di
costituzionalita' dettato dalla  giurisprudenza  costituzionale,  non
potendosi  ritenere  riferito  ne'  ad  una  zona   determinata   del
territorio ne' ad una qualche particolare esigenza di unitarieta'  ed
omogeneita' di assetto. 
    In  sostanza,  la  nuova  disciplina  regionale  incidente  sulle
distanze tra edifici, sia nella parte  in  cui  recepisce  la  regola
statale sia nella parte in cui da quella si discosta, e' suscettibile
di essere applicata sempre e dappertutto,  e  non  invece  solo  dove
particolari necessita' di carattere urbanistico lo richiedano. 
    Si tratta quindi di una mera  agevolazione  edilizia  riguardante
anche il diritto di proprieta' ed i suoi limiti, e non di  una  norma
sul governo (eccezionale) del territorio. 
    In questi termini, la norma regionale deve  essere  annullata  in
quanto indebitamente invasiva della esclusiva  competenza  statale  e
quindi costituzionalmente illegittima. 
2) Illegittimita' dell'articolo 2, comma 1, lettera  i)  della  Legge
Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma  2,
lettera l) e comma 3 della Costituzione. 
    Per le stesse ragioni  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 2,  comma  1,  lettera  i)  della  Legge
Regionale 7/2015. 
    Questa norma ha sostituito l'articolo 2,  comma  8,  della  Legge
regionale  n.  30/2009  e,  consentendo  ampliamenti   agli   edifici
esistenti e in costruzione in deroga ai vigenti strumenti urbanistici
comunali, permette altresi' la non osservanza dei limiti  massimi  di
altezza dei fabbricati e dei limiti minimi di distanza degli  edifici
tra loro e degli stessi edifici dai confini. 
    Anche  a   questo   proposito   e'   necessario   richiamare   la
giurisprudenza costituzionale che ha affermato  l'appartenenza  della
materia delle distanze fra edifici all'ordinamento  civile  e  quindi
alla esclusiva competenza legislativa dello  Stato  (Corte  Cost.  21
maggio 2014 n. 134; Corte Cost. 16 gennaio 2013 n. 6; Corte  Cost.  7
maggio 2012 n. 114; Corte Cost. 15 maggio 2005 n. 232). 
    E quindi rispetto a questo principio la norma regionale  che  qui
si censura e' chiaramente invasiva della sfera di potere  legislativo
statale, in quanto la disciplina delle distanza in essa contenuta  si
limita ad uniformarsi  alla  regola  del  codice  civile  (e  sarebbe
comunque illegittima perche' ripetiti-va), ma  ignora  del  tutto  la
regola molto piu' articolata e differenziata  contenuta  nell'art.  9
del DM 1444/1968. 
    Anche in questo caso non puo' soccorrere la facolta'  derogatoria
ammessa dalla ricordata giurisprudenza costituzionale, perche'  anche
qui la norma regionale ha un contenuto ed una portata cosi'  generici
e  generalizzati  da  ignorare  quei  presupposti   di   specificita'
nell'assetto  del  territorio  e  di  esigenze  di  omogeneita'   che
potrebbero consentire una disciplina regionale delle distanze diversa
da quella statale, ma giustificata da ragioni di  interesse  pubblico
imposte  alla  politica  urbanistica  dal  particolare  governo   del
territorio. 
    In sostanza, in base alla norma regionale che qui si censura  (ed
a quella gia' censurata con  il  precedente  motivo  di  ricorso)  la
deroga alla disciplina statale in tema di  distanze  tra  edifici  e'
destinata ad operare sempre e  dappertutto,  e  non  invece  soltanto
laddove vi siano specifiche necessita' legate al territorio,  a  quel
particolare  territorio,  con  quelle   particolari   caratteristiche
dettate da ragioni naturali e storiche (Corte Cost. 134 /2014). 
    Per tali ragioni, anche la norma oggetto del presente  motivo  di
censura contrasta con l'art. 117, comma 2 lettera 1), e comma 3 della
Costituzione ed e' pertanto illegittima. 
3) Illegittimita' dell'articolo 4, comma 1, lettera  g)  della  Legge
Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma  2,
lettera l) e comma 3 della Costituzione. 
    Uguali ragioni di incostituzionalita' vanno dedotti nei confronti
dell'art. 4, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 7/2015, che ha
sostituito l'art. 3, comma 7, primo e  secondo  periodo  della  Legge
Regionale n. 30/2009. 
    In forza  della  novella  legislativa,  la  disciplina  regionale
prevede che gli  interventi  di  demolizione  e  ricostruzione  degli
edifici con la stessa sagoma del demolito e sulla  medesima  area  di
sedime non configura la fattispecie di nuova costruzione al fine  del
calcolo delle distanze tra edifici anche  con  riferimento  a  quelle
disciplinate dal DM 1444/1968 o al fine dell'osservanza  delle  fasce
di rispetto. 
    Analogamente, non e' considerata nuova costruzione  ai  fini  del
rispetto dei limiti di distanza da altri edifici  o  delle  fasce  di
rispetto secondo  il  DM  1444/1968  quella  ricostruita  (anche  con
sopraelevazione) in  luogo  di  un  manufatto  demolito,  sulle  aree
prospicienti le strade pubbliche 
    Anche questa norma viene ad incidere su una materia - appunto, la
distanza tra gli edifici e le fasce di rispetto - che  rientra  nella
disciplina  civilistica  e  quindi   nella   competenza   legislativa
esclusiva dello Stato. Disciplina che, per quanto  attiene  alla  sua
forza imperativa, non puo' essere vanificata o derogata sulla base di
una particolare finzione che equipara una nuova  costruzione  (quella
ex  novo  realizzata  in  luogo  dr  quella  demolita)  alla  vecchia
costruzione. 
    La norma  regionale,  in  sostanza,  per  eludere  la  disciplina
statale in tema di limiti minimi di distanze e di fasce di  rispetto,
considera un edificio demolito e ricostruito come se  non  fosse  mai
stato demolito. Il che appare ancor piu' anomalo ove si  osservi  che
tale equiparazione trasforma il nuovo in vecchio pure in presenza  di
sopraelevazioni, ossia di interventi che  alterano  l'immagine  e  la
forma  dei  manufatti,  rendendo  impossibile  ragionare  in  termini
persino di identita' fisica. 
    Il che, come s'e' detto, non e' ammissibile in  presenza  di  una
materia sulla quale lo Stato ha signoria legislativa esclusiva. 
    Ne' e'  ammissibile  pur  considerando  quegli  spazi  di  potere
legislativo  concorrente   che   la   giurisprudenza   costituzionale
riconosce alla norma regionale in  funzione  derogatoria,  perche'  -
ribadendo anche in questo caso quanto sopra rilevato - la  disciplina
regionale  e'  di  tale  generalita'  e   genericita'   da   apparire
incompatibile con quelle ragioni di  specificita'  territoriale  che,
secondo la  Corte  costituzionale,  pur  potrebbero  legittimare  una
motivazione  urbanistica  esigente  una  regola  diversa  da   quella
statale. La norma oggetto del presente motivo di  censura,  pertanto,
e'  indebitamente  invasiva  della  competenza  legislativa   statale
esclusiva  in  materia  di  ordinamento  civile  e,  in  carenza  dei
presupposti per un  legittimo  esercizio  di  un  potere  legislativo
concorrente  con  carattere  derogatorio,  deve  essere   considerata
costituzionalmente illegittima. 
4) Illegittimita' dell'articolo 17 della Legge  Regionale  14  aprile
2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera  s)  della
Costituzione. 
    L'articolo 17 della Legge  Regionale  7/2015  ha  inserito  nella
Legge Regionale n. 30/2009 una nuova norma,  l'articolo  14-ter,  che
prevede che entro il 31 maggio 2016  la  Giunta  Regionale  adotti  i
Piani Paesistici Esecutivi di ambito (PPE) di cui all'art.  11  della
Legge Regionale 24/1989. Nelle  more,  fermo  restando  l'obbligo  di
richiedere  l'autorizzazione  di  cui  all'art.   146   del   decreto
legislativo n. 42/2004, nelle zone sottoposte  a  vincolo  paesistico
sono comunque  consentiti  interventi  edilizi  a  valore  strategico
finalizzati  alla  ripresa  del  turismo   e   ad   incrementare   la
competitivita' del sistema di offerta nelle aree a  forte  attrazione
turistico-ricettiva. 
    Ora,  come  noto,  la  tutela  del  paesaggio   appartiene   alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.  117,
comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    I Piani Paesistici Esecutivi di Ambito menzionati dalla norma qui
censurata sono strumenti di pianificazione previsti e disciplinati da
una normativa regionale risalente al 1989, che non tiene conto -  ne'
potrebbe  -  delle  norme   statali   in   tema   di   pianificazione
paesaggistica  intervenute   successivamente,   ed   in   particolare
necessariamente ignora le disposizioni del Codice dei Beni  Culturali
ed Ambientali introdotte nel 2004. 
    In  particolare,  quella  normativa   regionale   non   contempla
l'indispensabile  ed  irrinunciabile  coinvolgimento   degli   organi
ministeriali  competenti  nella   formazione   degli   strumenti   di
pianificazione paesaggistica e nell'adeguamento ad  essi  degli  atri
strumenti  urbanistici  sotto  ordinati  secondo  le   modalita'   di
co-pianificazione ed i rapporti di gerarchia previsti dagli  articoli
135 e 143 del decreto legislativo 42/2004. 
    Le  disposizioni  statali  del  Codice  dei  Beni  Culturali   ed
Ambientali sono richiamate solo per quanto riguarda  l'autorizzazione
paesistica necessaria alla realizzazione degli interventi  edilizi  a
valore strategico nelle zone sottoposte a vincolo  nelle  more  della
adozione dei Piani Paesistici Esecutivi, ma non  per  quanto  attiene
alla adozione  vera  e  propria  dei  PPE  stessi  che,  puramente  e
semplicemente  rinviati  alle  disposizioni  che  originariamente  li
prevedono, sono cosi' sottratti alla co  pianificazione  dello  Stato
prevista dal Codice. 
    Per tale ragione, la norma regionale qui censurata  -  in  quanto
interviene in materia demandata alla esclusiva competenza legislativa
dello Stato e non tiene in debito conto le norme  con  cui  lo  stato
tale competenza ha esercitato - viola l'art. 117, comma 2, lettera s)
della Costituzione ed e' costituzionalmente illegittima. 
5) Illegittimita' dell'articolo 18, comma 2, della Legge Regionale 14
aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l)  e
comma 3 della Costituzione. 
    L'articolo  18  della  Legge  Regionale  n.   7/2015   detta   le
disposizioni transitorie all'entrata in vigore della legge stessa. 
    Il secondo comma di tale  articolo  prevede  che  i  procedimenti
avviati prima dell'entrata in vigere della legge e per  i  quali  non
sono ancora stati  versati  gli  oneri  concessori  sono  valutati  e
definiti secondo le disposizioni della legge stessa. 
    L'applicazione di questa disposizione comporta che gli interventi
gia' realizzati sotto l'impero della vecchia legge regionale che  non
consentiva deroghe ai limiti di distanza tra  edifici,  e  quindi  in
indebita violazione delle norme statali stabilite dal  DM  1444/1968,
possano legittimamente usufruire delle  nuove  disposizioni,  sanando
cosi' l'illiceita' realizzativa gia' compiuta. 
    E tale sanatoria sarebbe collegata  non  ad  un  dato  storico  o
comportamentale, ma al fatto - meramente amministrativo - del mancato
versamento degli oneri concessori. 
    Si tratterebbe quindi di una sorta di condono edilizio, del tutto
inammissibile  ad  opera  di  una  fonte  legislativa  regionale,  in
violazione dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale
in materia (Corte Cost. 225/2012; Corte Cost. 290/2009). 
    Pertanto, la norma  deve  essere  considerata  costituzionalmente
illegittima.